La Prima Comunione di Caterina

La piccola Caterina mostrava una volontà forte e risoluta sin da quando aveva iniziato a muovere i primi passi, se non da prima. I genitori, il parroco e la maestra, pur apprezzando in certa misura questa sua caratteristica, la invitavano sovente alla temperanza. Solo la nonna sembrava notare che la determinazione di Caterina non si esprimeva in futili capricci, ma in questioni che la bambina riteneva essere importanti.

La primavera avanzava e si avvicinava il giorno della celebrazione della Prima Comunione per tutti i bambini del borgo. Caterina aveva partecipato al catechismo con grande serietà e impegno e aveva aiutato la nonna a confezionare la bella vestina che avrebbe indossato per la cerimonia. Il padre le aveva detto che, nei limiti delle loro possibilità, i familiari avrebbero aggiunto un regalo di sua scelta alla medaglietta in oro che le sarebbe stata donata per essere appesa alla catenina del Battesimo; Caterina non ebbe dubbi e rispose prontamente che il suo desiderio era quello di recarsi in chiesa in sella a Ardito, il cavallo bardigiano del loro vicino di casa.

Il signor Giovanni possedeva infatti dei bellissimi cavalli e Ardito era il più fiero di tutti: non a caso portava quel nome. Nonostante la fierezza e l’orgoglio tipici di uno stallone, tuttavia, il cavallo mostrava di saper essere calmo e delicato, soprattutto con la piccola Caterina: la bimba e il possente animale avevano instaurato un ottimo rapporto e non era raro che Giovanni la mettesse in sella e la accompagnasse a fare piccole passeggiate nei dintorni di Taverne di Monastero. Giovanni riteneva che l’interesse dei bambini verso i cavalli andasse sostenuto e che ci si dovesse rallegrare di vederlo crescere fino a diventare una passione, poiché credeva fermamente che la passione per i cavalli fosse qualcosa che aiutava a crescere forti nel corpo e nello spirito proprio come era successo a lui, che aveva ereditato la passione per l’allevamento dallo zio Cirillo, del quale conservava un caro ricordo e al quale rivolgeva un pensiero ogni giorno, andando mattina e sera a governare i suoi bardigiani.

I genitori di Caterina non furono quindi stupiti nell’udire qual fosse il suo desiderio per il giorno della Prima Comunione, ma si preoccuparono di cosa avrebbe pensato e mormorato la gente vedendo arrivare la bambina in chiesa in sella ad un cavallo anziché a piedi, in maniera modesta, come era consuetudine. Anche il dubbio di incorrere nella disapprovazione del parroco pesava sul cuore dei genitori, che da un lato avrebbero voluto accontentare Caterina, dall’altro non avrebbero voluto essere additati in paese come persone scivolate nel peccato capitale della superbia.

A toglierli d’impaccio fu la nonna. Con tono talmente saldo da scoraggiare qualsiasi tipo di replica, dichiarò che sarebbe stata proprio un’anziana nonna a spiegare a tutti che non si deve temere qualche novità. Prendendo sottobraccio Giovanni, che condivideva con lei l’età per essere considerato custode della tradizione, si recò prima dal parroco e poi all’osteria trovando per entrambe le visite un’intelligente scusa plausibile e facendo poi convergere come per caso la conversazione sul desiderio della piccola Caterina. Quello che dissero al parroco e ai paesani si è perso nel tempo, ma in paese divenne popolare il detto “Parlare come la nonna di Caterina” per indicare una persona capace di argomentare con arguzia.

Arrivò il giorno della Prima Comunione. Giovanni mise un bel fiocco bianco alla testiera di Ardito e aiutò Caterina a montare in sella. La felicità che si leggeva negli occhi della bambina lungo il tragitto fino alla chiesa, in sella al fiero Ardito e circondata dai parenti, era contagiosa: accadde così che tutta la famiglia si approcciasse alla celebrazione senza che stavolta ad essere protagonista fosse l’atteggiamento di eccessiva remissività a occhi bassi che alcuni preti parevano voler promuovere. Fu in tal modo una vera giornata di comunione di buoni sentimenti e quando fu il turno di Caterina di avvicinarsi all’altare, si sentì un gioioso nitrito provenire dal sagrato della chiesa: era Ardito, che la aspettava per riportarla a casa per il pranzo di festa, tenuto alla capezza dal signor Giovanni. Chi si trovava nelle vicinanze disse di aver visto che il signor Giovanni in quel momento faceva l’occhiolino e che altrettanto faceva la nonna della piccola Caterina seduta su una delle panche della chiesa. Molti pensarono che il prete non avrebbe gradito “tutta quella confusione”, ma evidentemente così non fu poiché non rimproverò nessuno, anzi: i parrocchiani notarono che dal giorno di quella Prima Comunione, le omelie del parroco portarono più sovente messaggi di speranza e gioia.

Racconto di Irene Obertelli

Si ringrazia per la fotografia la famiglia dello storico allevatore Giovanni Inzani di Taverne di Monastero (Morfasso- PC), detentore di una delle più antiche stazioni di fecondazione equina della provincia riconosciuta a livello istituzionale.

Per altri racconti e per conoscere il nostro allevamento visita il sito https://allevamentomontelamacavallibardigiani.wordpress.com/

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